Intervista a Domenico Raio
Come già specificato nell’articolo La prima collezione di Napoli Ritrovata, nel tempo la lingua napoletana ha subito un’evoluzione della grafia e dei contenuti. Non essendo una lingua ufficiale, non ha un istituto al quale poter fare riferimento. Per questo noi ci siamo affidati alla consulenza di esperti prima di scegliere la formula corretta per i testi dei nostri prodotti. Domenico Raio è uno di questi. L’abbiamo intervistato per meglio conoscere il suo metodo e le sue competenze.
Che ne pensi del progetto Napoli Ritrovata? Credi che sia una buona iniziativa per rivalutare la cultura popolare napoletana?
Sì, il progetto Napoli Ritrovata rappresenta una modalità mediatica immediata capace di coniugare differenti finalità. La cultura napoletana è cosmopolita, ha una capacità naturale di assorbire altre culture, ma anche di diffondersi presso altri popoli. La ritrovata presenza turistica in città si rivela in massima parte un’esperienza culturale in senso ampio. L’iniziativa può contribuire, sia pure in minima parte, a far meglio conoscere la nostra identità di partenopei.
Sei un partner del progetto, perché valuti, correggi e confermi la grafia del napoletano. Questo per il progetto conta molto, è alla base della sua filosofia. Come ti definiresti rispetto a questa collaborazione?
Io sono laureato in Lingue e Letterature Straniere, e abilitato all’insegnamento della Lingua Tedesca. La mia formazione linguistica mi permette di approcciare la Lingua Napoletana con la stessa metodologia che ho appreso studiando gli altri idiomi. Occorre conoscere la grammatica, il lessico, l’etimologia, la cultura della quale una lingua è espressione. Le lingue richiedono un esercizio costante, per acquisire competenza bisogna studiare sempre, ed è quello che cerco di fare anche con il napoletano. Le lingue non s’imparano una volta e per sempre, è un po’ come per la musica, come suonare uno strumento. Se non c’è costanza e ricerca, il livello di conoscenza si abbassa immediatamente.
Puoi dirci come mai la lingua napoletana è tanto complicata da trascrivere?
Perché ha le sue proprie regole grammaticali, si tratta semplicemente di studiarle e di applicarle. Per questa ragione, chi ha una formazione linguistica è facilitato. È una questione di metodo.
Puoi dirci del tuo metodo di ricerca?
Utilizzo diverse grammatiche, dizionari, testi di letteratura napoletana, alcuni molto datati, altri più recenti, che mi consentono di risalire agli usi linguistici nei diversi periodi della nostra storia contemporanea. È evidente che il napoletano d’inizio Novecento non sia lo stesso che parliamo oggi, le lingue si evolvono ma ciò non vuol dire che una parlata si possa snaturare, esiste un limite oltre il quale la modernità non può spingersi. Il fatto di essere nato, cresciuto e di vivere nel Centro Storico di Napoli mi aiuta moltissimo, come pure mi ha giovato l’aver appreso molte espressioni direttamente dai miei nonni materni che pure nacquero e crebbero in questi quartieri, più precisamente tra il Mercato e Porta Capuana.
Puoi farci una sintesi della tua produzione di scrittore e delle tue esperienze in tal senso?
Tutti i miei libri parlano di Napoli o dei napoletani, non solo i romanzi come Cenerentolo (Pironti Editore) o i libri fotografici quali Chiaroscuro Partenopeo (Edizioni Scriba), ma persino qualche saggio storico come Spaghetti & Kartoffeln. L’emigrazione meridionale in Germania 1960-1975 (Albatros Edizioni), che ha riguardato tantissimi nostri concittadini. Il mio prossimo volume avrà per oggetto il rito del caffè all’ombra del Vesuvio. Napoli è un’inesauribile fonte d’ispirazione. Come artista mi agevola tantissimo, sviluppa in me ogni forma di creatività.
Napoletano, laureato in Lingue e Letterature Straniere, Insegnante di Tedesco, Giornalista Pubblicista, Critico d’Arte, già direttore di diversi periodici, s’interessa di comunicazione e accoglienza turistica, e ha pubblicato numerose opere di narrativa umoristica e di fotografia.